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Dopo aver assicurato l'ultima sacca impermeabile sulla piattaforma posteriore del SEAmobile, alle spalle della cabina a forma di bolla, Austin indietreggiò per contemplare la propria opera. Il veicolo sembrava più un mulo meccanico che un sommergibile ad alta tecnologia, ma bisognava accontentarsi. Non avendo idea del numero di persone intrappolate sotto il ghiacciaio, aveva raccattato tutti i respiratori e gli accessori che era riuscito a scovare, sperando per il meglio.
Diede il segnale di OK a François che, appostato con una ricetrasmittente in mano, fungeva da agente di collegamento e insieme da traduttore fra il battello e l'elicottero. Dopo aver risposto al suo segnale, l'osservatore governativo prese a parlare attraverso la radio con il pilota dell'elicottero francese, che era rimasto in attesa della sua chiamata.
Nel giro di pochi minuti, il velivolo si levò dalla riva e raggiunse il battello della NUMA, sopra il quale stazionò calando un cavo sul ponte della nave. La testa incassata fra le spalle per attenuare l'impatto con l'aria mossa dai rotori, Austin afferrò il gancio all'estremità della cima e lo assicurò a un'imbracatura a quattro attacchi. Lui e l'equipaggio avevano già predisposto sommergibile e carrello in modo da poter issare il carico in un'unica manovra.
Non appena ebbe mostrato al pilota il pollice levato, sentì tendersi il cavo mentre il velivolo si sollevava a fatica percuotendo selvaggiamente l'aria con i rotori. Nonostante il vorticare assordante delle pale, il carico si staccò dal ponte di qualche centimetro soltanto. Il peso combinato del mezzo, del suo carico e del sub erano eccessivi per la capacità di sollevamento dell'elicottero. Al segnale di Austin di sospendere l'operazione, la cima si allentò e il carico ricadde con un tonfo sul ponte del battello.
Indicando l'elicottero, Austin gridò all'orecchio di François: «Gli dica di rimanere dove si trova, io nel frattempo cerco una soluzione».
Mentre il francese traduceva le sue parole, Austin si affrettò a chiamare via radio Zavala, il cui velivolo stava sorvolando il battello in ampi cerchi tenendosi ad alta quota. «Abbiamo un problema.»
«Vedo. Ci vorrebbe una gru del cielo», commentò l'amico, alludendo ai possenti elicotteri per uso industriale progettati per sollevare grandi carichi.
«Potrebbe non essere necessaria.» Austin gli spiegò ciò che aveva in mente.
«La mia esistenza doveva essere terribilmente monotona, prima di conoscere te», commentò Joe con una risata.
«Che ne pensi della mia soluzione?»
«Complicata. Rischiosa da morire. Molto audace. Ma fattibile.»
Austin non nutriva alcun dubbio sull'abilità dell'amico come pilota. Zavala aveva migliaia di ore di volo sulle spalle a bordo di elicotteri, jet di piccole dimensioni e velivoli a turboelica. Erano i capricci del destino, gli imprevisti, a preoccuparlo. Un cambio di vento, una piccola disattenzione o un guasto nella strumentazione potevano trasformare un rischio accuratamente calcolato in un tremendo disastro. Nel loro caso, sarebbe bastato un minimo errore di traduzione per mandare tutto a gambe all'aria. Doveva accertarsi che gli ordini fossero inequivocabili.
Preso da parte François, gli spiegò ciò che voleva dal pilota, poi si fece ripetere le istruzioni da impartire. L'osservatore del governo disse qualcosa nella ricetrasmittente, e l'elicottero francese si spostò di lato in modo da tendere obliquamente il cavo di sollevamento.
Di lì a qualche istante, l'elicottero di Zavala lo raggiunse e calò un'altra cima, che Austin si affrettò ad agganciare all'imbracatura. Lanciò un'occhiata verso l'alto per controllare che vi fosse spazio sufficiente fra i due velivoli. Sarebbero stati trascinati l'uno verso l'altro dal peso del carico, e non voleva rischiare che i rotori si sfiorassero.
Tornò a dare il segnale di via. I rotori presero a vorticare con un frastuono assordante; sommergibile e carrello sembravano salire verso l'alto senza impedimenti, quella volta. Cinque centimetri. Dieci. Un metro. Due metri.
Consapevoli di avere mezzi differenti per dimensioni e potenza, i due piloti compensavano lo sbilanciamento con un'abilità stupefacente.
Continuarono a salire lentamente con l'insolito carico penzoloni tra loro sino a che non si furono sollevati di una sessantina di metri dalla superficie del lago, poi cominciarono a dirigersi verso riva per poi confondersi con le rocce scure dei monti circostanti, mentre Zavala faceva la cronaca via radio dell'operazione, interrompendosi un paio di volte soltanto per correggere la propria posizione.
Austin trattenne il fiato sino a che non udì il laconico annuncio dell'amico: «Le aquile sono atterrate».
Assieme ad alcuni uomini dell'equipaggio salì quindi a bordo di una minuscola imbarcazione e si fece trovare sulla spiaggia quando gli elicotteri, volando affiancati, lo raggiunsero. Austin salì con Zavala, mentre il pilota francese prendeva a bordo gli uomini della Mummichug.
Qualche minuto più tardi atterrarono accanto alla sagoma giallo vivo del SEAmobile, piazzato sul proprio carrello di fronte all'entrata del tunnel.
Austin osservò gli uomini sistemare il carico, quindi il carrello venne spinto lungo la discesa della galleria fino al bordo dell'acqua. A quel punto, si provvide a inserire dei cunei dietro le ruote per bloccarle, mentre Austin usciva dal tunnel per andare a conferire con Lessard. Dietro richiesta del nuovo arrivato, il sovrintendente era riuscito a recuperare altre cianografie, che sparpagliò su un masso dalla forma appiattita.
«Questi sono i sostegni interni di alluminio dei quali le ho parlato. Iniziano a qualche decina di metri dall'imboccatura del tunnel, e sono posizionati a tre a tre, in dodici gruppi distanti dieci metri circa l'uno dall'altro.»
«Il sommergibile è largo meno di due metri e mezzo», replicò Austin.
«Ho calcolato che, rimuovendo una sola delle colonne di ogni gruppo, dovremmo riuscire a passare.»
«Le suggerisco di scegliere posizioni sfalsate. Voglio dire, non tagli lo stesso pilastro in ogni gruppo. Come noterà dal diagramma, in questa zona il soffitto è sottilissimo, più che in qualsiasi altra parte della galleria, e ci sono centinaia di tonnellate di ghiaccio e roccia che premono sulla volta.»
«Sì, ne ho tenuto conto.»
Lessard lo fissò con espressione risoluta. «Dopo aver appreso il suo piano, ho telefonato a Parigi per parlare con un amico della compagnia elettrica di Stato. Mi ha spiegato che questa via di accesso era stata realizzata per consentire il posizionamento dei trailer che ospitano i laboratori, ma è stata scartata come galleria principale in quanto con il tempo si è riscontrato che esisteva il rischio di un crollo del soffitto. Si è provveduto a piazzare le colonne per mantenere aperto il varco sfruttandolo come condotto di ventilazione. È questo, che mi preoccupa», proseguì, facendo scorrere l'indice sulla linea della cianografia che indicava la sommità del tunnel. «Vi è una grossa sacca di acqua in posizione instabile, proprio qui. Data la stagione inoltrata, è anche più consistente del consueto. Un minimo cedimento nel sistema di puntellamento basterebbe a far crollare l'intero soffitto.»
«Vale comunque la pena di tentare.»
«Ha considerato che, se quella gente fosse già deceduta, rischierebbe la vita invano?»
«Non lo sapremo fino a che non avremo dato un'occhiata», replicò Austin con un tetro sorriso.
Lessard lo guardò con aria ammirata. Quell'americano dai capelli argentei e i penetranti occhi azzurri doveva essere pazzo, oppure nutrire un'incrollabile fiducia nelle proprie capacità. «Quella donna deve piacerle parecchio.»
«Ci siamo conosciuti solo pochi giorni fa, ma abbiamo un appuntamento a cena a Parigi, e ho intenzione di mantenere l'impegno.»
Lessard si strinse nelle spalle. Da buon francese, era in grado di apprezzare la cavalleria. «Le prime settimane sono il periodo di massima attrazione fra un uomo e una donna, prima che raggiungano un buon grado di conoscenza reciproca. Be', bonne chance, mon ami. Credo che il suo amico abbia bisogno di lei.»
Ringraziato l'uomo per i suoi consigli, Austin si affrettò verso Zavala, in attesa davanti all'ingresso della galleria.
«Ho dato un'occhiata ai comandi del sommergibile. Piuttosto facile da manovrare, direi.»
«Ero sicuro che non avresti avuto problemi.» Austin si guardò attorno prima di proseguire: «È ora di levare le tende, amigo».
Zavala gli lanciò un'occhiata ironica. «Hai visto troppi film di Cisco Kid.»
Dopo aver indossato una muta stagna termoisolante a pezzo unico che lo faceva somigliare a un pupazzo di gomma fosforescente, Austin entrò nella galleria infilandosi in testa un elmetto all'interno del quale c'era un dispositivo acustico ricetrasmittente subacqueo. Zavala gli diede una mano a indossare il serbatoio portatile e la cintura dei pesi, quindi lo aiutò ad arrampicarsi sul retro del sommergibile.
Usando le sacche impermeabili come sedile, si sistemò alle spalle della bolla di plexiglas e s'infilò le pinne. Un uomo dell'equipaggio gli passò una lancia termica superleggera e un serbatoio pieno di ossigeno che Austin assicurò alla struttura con alcune corde elastiche, mentre Zavala s'introduceva nella cabina e gli mostrava il pollice alzato.
«Pronti a partire?» chiese Austin, testando la cuffia ricetrasmittente.
«Sicuro, ma mi sento tanto Bubble Boy, il ragazzo nella bolla del film di Hayes.»
«Sono pronto a fare cambio in qualsiasi momento, Bubble Boy.»
Zavala ridacchiò. «Grazie, ma preferisco lasciar cadere la tua generosa offerta. Sei tu quello con l'aria del pistolero a cavallo, Tex.»
Austin tamburellò con le dita contro la cupola di plexiglas. Era pronto.
Gli addetti fecero avanzare lentamente il carrello nell'acqua, controllandone la velocità con un paio di cavi, fino a immergere completamente le ruote. Non appena il veicolo cominciò a galleggiare, gli uomini diedero uno strattone alle corde spingendo contemporaneamente la navicella. Libero dal carrello, il SEAmobile rimase a fluttuare sull'acqua mentre venivano avviati i motori.
Dopo una virata di trecentosessanta gradi usando i propulsori laterali posti sulla sezione di coda, Zavala fece avanzare il sommergibile a una profondità sufficiente per l'immersione. Azionò con mano leggera il propulsore verticale sino a quando la cabina non fu lambita dall'acqua, poi tornò a far ronzare i propulsori di coda per spingere il mezzo in avanti e verso il basso. Austin e la bolla di plexiglas scomparvero sotto la superficie.
La luce delle quattro lampade alogene piazzate sul muso del veicolo riverberava contro le sfumature aranciate delle pareti e del soffitto, tingendo l'acqua di riflessi bruni.
Dalla cuffia giunse ad Austin la voce metallica di Zavala. «È come immergersi in un secchio della salsa al cioccolato che fanno dalle mie parti.»
«Me lo ricorderò la prossima volta che vado a cena in un ristorante messicano. Stavo pensando a qualcosa di più dantesco e poetico, una sorta di discesa nell'Ade.»
«Gli inferi sono caldi e asciutti, per lo meno. A che distanza si trovano le prime colonne di sostegno?»
Scrutando le tenebre oltre il raggio delle luci, Austin ebbe l'impressione di scorgere un debole luccichio metallico. Si raddrizzò a ridosso della bolla di plexiglas, reggendosi alle sbarre a forma di D fissate ai lati dell'abitacolo.
«Credo che ci stiamo arrivando.»
Zavala rallentò sino a fermarsi a pochi metri dai primi tre pilastri in alluminio che sbarravano il passaggio. Portando con sé la lancia termica e il serbatoio dell'ossigeno, Austin nuotò fino alla colonna centrale. Una volta accesa, la guizzante fiamma azzurrognola incise rapidamente il metallo alla base. Spostatosi verso l'alto, Austin praticò un altro taglio, quindi allontanò la sezione centrale gridando: «Cade...!» Dopo aver invitato Zavala a seguirlo, lo guidò a gesti attraverso il varco come un tecnico di terra dirige gesticolando il suo aereo verso l'uscita. Subito dopo, si avviò verso il secondo gruppo di ostacoli.
Mentre nuotava, lanciò un'occhiata circospetta verso l'alto sforzandosi di non pensare alle migliaia di litri d'acqua, alle tonnellate di ghiaccio che premevano contro il sottile strato di roccia sovrastante. Seguendo il consiglio di Lessard, quella volta attaccò la colonna di destra. Dopo che Zavala ebbe superato lo sbarramento, fu la volta della colonna centrale del terzo gruppo, di quella sinistra del successivo, per poi ricominciare la serie daccapo.
Il lavoro proseguiva liscio come l'olio. Ben presto, abbandonati sul fondo della galleria, vi furono dodici pilastri. Riguadagnata la posizione sul retro del sommergibile, Austin ordinò a Zavala di lanciare il veicolo alla velocità massima di 2,5 nodi. Per quanto procedessero a passo svelto, l'oscurità e gli spazi angusti gli davano la sensazione di trovarsi sul carro di Nettuno lanciato verso gli abissi.
Senz'altro da fare che reggersi alla navicella, Austin lasciò vagare la mente verso l'arduo compito che lo attendeva. Udì riecheggiare le parole di Lessard. Il francese aveva visto giusto, a proposito della forte attrazione di cui era preda. Poteva aver ragione anche sul fatto che tutti i prigionieri del tunnel erano ormai morti.
Era stato più facile dimostrarsi ottimisti, alla luce del sole, ma mentre s'immergevano sempre più nelle tenebre infernali fu costretto ad ammettere con se stesso che il tentativo di salvataggio poteva rivelarsi vano; le speranze che qualcuno riuscisse a sopravvivere a lungo in un posto tanto spaventoso erano decisamente scarse.
Con riluttanza, cominciò a prepararsi al peggio.